“The Beginning of Speech III” 2006

Autore: Bekim LUMI, Albanian theatre director and theatre pedagogue
(about the Lalish Theaterlabor research project 2005-2006:
The Beginning of Speech III presented

at the Zephirus Alternative Theatre Festival, Crete/Greece, August 2006

... In uno spazio vuoto, senza decori nè scenografia, ma con un solo singolo drappeggio bianco sullo sfondo , due sedie di legno ed una ciotola di metallo, con illuminazione statica senza sfumature, in nero, a volte anche in costume nero e rosso senza decorazioni floreali, senza trucco, con i capelli legati o che scendono sulle spalle, lunghi, a piedi nudi e piedi e  dita che accentuano le espressioni sensibili e precise durante la corsa, lo spostamento o il leggero sfiorare sul pavimento. Tutto  questo, insieme  alle voci a volte esplosive , a volte malinconiche, il cui colore e ritmo coordina sentimenti integrali e movimenti del corpo, crea una visione esotica sotto gli occhi degli spettatori, non diversamente dai disegni rupestri dell' età della pietra o dalla vista velata che si ottiene leggendo tragedie antiche, omeriche,epos babilonesi. Nel momento in cui il ritmo delle brezze delle onde oceaniche attraversa i capelli, Clitennestra può apparire improvvisamente nella persona di Nigar Hasib, mentre, non lontano, sotto le spoglie di Shamal Amin, la spaventosa figura di Agamennone potrebbe stare di fronte a voi, mentre il sorprendente suono di una voce si scaglia contro una roccia. Ma queste immagini cambiano istantaneamente, Shamal Amin potrebbe riapparire come Gilgamesh o anche come un Ulisse turbato, mentre una spaventata Penelope, nella persona di Nigar Hasib, lascia scorrere dell'acqua dalla sua mano nel piatto metallico. E così via all'infinito fino a quando ci appaiono essere tornati alla propria identità, ma solo per scivolare  ancora in  "altro", di nuovo. Non è importante in quale spazio o in quale momento ciò avviene. Una stanza apparentemente vuota in seguito diventerà uno spazio pieno di voci e di azione, centrato all'interno del "nessun luogo e ovunque", in un momento di "mai e sempre".

Ma che tipo di teatro è questo, dove le persone  possono contemporaneamente essere "qualcuno" e "nessuno"? Che voce è questa, che a volte può essere così esplosiva e altre volte triste, a volte spaventosa, poi malinconica, carezzevole o erotica,  poi di nuovo esplosiva, tuonando, chiamando, stordendo, distruttiva, in grado di ancorare  i sentimenti, i sensi ed ogni singola parte del nostro corpo? Che tipo di "nuovo linguaggio" è questo, con così tante canzoni, toni, sillabe, parole e testi che spesso non possono essere codificati?

Queste sono solo alcune delle domande che ci si pone dopo avere avuto la possibilità di assistere al lavoro di Nigar Hasib e Shamal Amin.

Tutti questi fatti ci spingono a riflettere a fondo sulle infinite possibilità della voce umana da un lato, e dall'altro sulle limitazioni e vincoli  che al giorno d' oggi gli esseri umani hanno imposto alla propria voce sotto la pressione dell' urbanizzazione.

Nel Teatro Lalish la voce non è solo qualcosa da ascoltare, ma è qualcosa di visibile, qualcosa che è in grado di agire. Nigar Hasib dice: "La voce non solo per le orecchie, ma anche per l'occhio. Canta, in modo che posso vederti agire”. Ma come si può "vedere" una voce? Diversamente dal teatro convenzionale europeo ed americano, in cui la funzione della voce è quella di servire in un dialogo drammaturgico, il Lalish Teatro è completamente libero da queste convenzioni stereotipate, permette alla voce di uscire in tutte le sue possibili dimensioni, attraverso il pieno potere di invocazioni tuonanti, sfumature, vibrazioni ed i  tremanti sospiri dell'anima. Spontaneamente la voce risveglia sentimenti e guide, trasforma la mimica, le azioni e la postura di tutto il corpo dell'attore, che diventa così in grado di offrire contenuti poetici nel gesto, nel movimento e nell' azione. Così la voce  fornisce al corpo gli impulsi. In questo modo la voce diventa audio-visualizzata, il che significa che non solo si sente, ma si può anche “vedere”. Nigar Hasib più precisamente descrive questo processo come segue: "Le canzoni creano la nostra trama, ma le nostre azioni non presentano i testi delle nostre canzoni. Ogni canzone, ogni atto acustico, si traduce in precisi movimenti del corpo. Il corpo è in relazione diretta e collegato alla "vita e al suono" e la sua azione diventa organica, non tecnica. In questo modo il contenuto drammatico, l'atto, non è parte solo  del corpo o della  voce, ma è parte di ciascuno di essi e quindi permette all' armonia di evolvere. Perché l'armonia è la fonte più primordiale di qualsiasi forma di espressione”. Secondo Shamal Amin, questo si traduce nel tentativo di creare uno "spazio fluido ", in cui le voci e le canzoni possono essere trasformate in appagamento, e " la voce diventa un'azione, che consente la scoperta di qualcosa di nuovo ".

Le canzoni, i testi, le parole non sono né un fine in sé, né servono come indicatore direzionale in una performance del Teatro Lalish. Con le loro esortazioni o i loro sospiri, i loro suoni onomatopeici , indipendentemente dal significato e dal contenuto che possono o non possono offrire, molte canzoni provengono da tribù estinte o lingue da lungo tempo dimenticate, le canzoni del Teatro Lalish contengono la molteplicità della voce e del corpo umano. Secondo gli stessi Shamal Amin e Nigar Hasib, "si tratta di un nuovo linguaggio, non di una lingua linguistica o il linguaggio cosiddetto artistico del teatro mondiale, che generalmente è associato principalmente con la rappresentazione, con le cose, con i soggetti e le storie." ..